VISITA GRATUITA O A PAGAMENTO? ATTENZIONE A QUELLO CHE TI RACCONTANO…

È l’ottobre del 2005. Sei un neolaureato in odontoiatria di belle speranze e con grande spirito di iniziativa e ti ritrovi, per una serie di circostanze, con uno studietto di 80 metri quadri, nuovo e senza un paziente, a dover decidere quali politiche puoi utilizzare per avviare l’attività.

L’odontotecnico che deve aprire con te (e che ancora non sai che liquiderai da lì a qualche mese, rilevandogli la sua parte di studio), ti spiega due cosette su come si avvia uno studio, visto che ne ha già uno in Trentino, non essendo lui piemontese.

La sua esperienza lo porta a considerazioni di rara saggezza.

“Stefano, ho aperto a Caraglio perché ho fatto uno studio di settore ed è una buona piazza!”😌☝️

Caraglio era ai tempi un paese con 6000 abitanti e 5 o 6 dentisti. Questo tecnico non era della zona e non so che spionaggi industriali potesse aver commissionato.🕵🏻‍♂️🔍

“Sono riuscito ad avere i listini di un paio di questi studi e direi di tenere i prezzi un po’ più bassi”.

Stop. Ecco la strategia di penetrazione del mercato (che peraltro non è tanto diversa da quella che proponiamo noi ora con 8 milioni di fatturato…😅).

Capirai che in una situazione del genere, dove in cuor tuo sai di essere preparato a livello teorico, ma sei consapevole di non essere in grado di gestire non solo i piani di cura complessi, ma anche lo studio in sé, con tutte le cose che ci sono da fare, dalla burocrazia, agli ordini di materiale, alla sterilizzazione, alla presentazione dei piani di cura e la riscossione dei pagamenti, l’ultima cosa a cui pensi è quella di fare pagare la prima visita…

Ero talmente stupefatto quando, solo e soltanto su conoscenza personale, qualcuno telefonava per inviare un conoscente a fare una visita o per una urgenza (perché probabilmente mandavano in avanscoperta qualcun altro, non fidandosi loro stessi in prima persona…😅) che non mi veniva proprio da chiedere soldi.

Devo essere sincero: mi vergognavo. Ecco, l’ho detto. 🙈

Ero talmente grato a quella persona di aver davvero telefonato ad un pischello senza assistente, che lo accoglieva da solo in studio senza essere scappato sull’uscio della porta, da pensare quasi che fosse giusto fare un’opera di bene disinteressata e rispondere al paziente che mi diceva “La ringrazio davvero tanto, mi dica solo cosa le devo…” con un “Ma niente, ci mancherebbe!”.

Quando magari si era fatto in urgenza qualcosa di operativo, ma che non concludeva una prestazione, come una apertura di un dente in pulpite, giustamente il paziente diceva: “Ma no, dai, non mi sembra giusto, lei il lavoro l’ha fatto!”

E allora rispondevo: “Ma si figuri, il lavoro non è finito, mi paga poi quando viene a finirlo, davvero, non si preoccupi!”☺️

Ma se per caso prescrivevo un antibiotico o facevo solo chiacchiere, non riuscivo minimamente a chiedere soldi per quello.

In primis non riuscivo a quantificarlo, perché il mantra del “facciamo pagare un po’ meno degli altri” da parte di chi aveva condotto nobili studi di settore, mi suggeriva che, dovendo fare meno di 50 euro, fosse più elegante dire “Zero” che dire “Ma sì, mi dia 30 euro!”, che mi sembrava da pezzente.

In secondo luogo, non riuscivo davvero a dare un valore al mio tempo, ma non credo che questo debba stupire.

All’università avevo imparato a dedicare anche 13 ore di studio al giorno per dare esami senza che nessuno mi pagasse per “buttare la giovinezza” a studiare i nomi di batteri inutili o formule chimiche che mai mi sarebbero servite nella professione.

Studiare era il mio lavoro ed era un lavoro che facevo non solo gratuitamente, ma pagando le tasse universitarie, i libri e spendendo gli anni migliori sui libri.📚

Forse il senso di riscatto avrebbe dovuto suggerirmi che era venuto il tempo di farsi pagare con gli interessi quei sacrifici, ma ai tempi non c’erano i social a spiegarmi tutte le manfrine gestionali a cui oggi qualunque neolaureato ha accesso in pochi minuti…

Io, inconsciamente, non riuscivo a pensare che fare una radiografia e scrivere una ricetta, cose che nella mia testa mi erano costate zero, potessero trasformarsi in una retribuzione per le mie competenze e per il tempo perso.

Il mio tempo ero abituato da anni a regalarlo e non gli davo importanza.

Elargire le mie competenze, seppur costruite con migliaia di ore di studio, non lo consideravo diverso dall’aiutare ad una persona che mi chiedesse un’indicazione per strada. Sono cose che so e che non mi costa nulla dire, come faccio a farmi pagare senza vergognarmi come un cane?

Questo ragionamento, che a rileggerlo sembra assurdo anche a me, è razionalmente il motivo per cui da sempre nel nostro studio si fa la visita gratuita.

Se pensi che io fossi un caso da ricovero in casa di cura psichiatrica, ti posso dire che la mia condizione era talmente rara, che ai tempi non avevo dovuto cercare più in là del compagno di manichino all’università per trovare un altro giovane di belle speranze che, a sei mesi dalla laurea, continuava a cercare collaborazioni ed era disposto a prendere la macchina e farsi decine di chilometri per andare in centri aperti 24 ore su 24 alle 11 di sera a vedere una urgenza e tornare a casa.

Quel giovane si chiamava Federico Tirone e, convocato da me a fine ottobre del 2005 per vedere il mio studio nuovo di pacca, non ci pensò due volte a dare l’ok per farsi 240 km tra andata e ritorno due volte a settimana, dovendosi spostare da Castiglione Torinese a Caraglio, per vedere un paziente o due, senza certezza del domani e del pagamento.

A Federico non è mai passato per la testa di chiedermi indennizzi di trasferta o pagamenti se per caso si fosse fatto il viaggio per un solo paziente e quel paziente non avesse avuto da fare niente di succhioso o addirittura avesse paccato l’appuntamento.

E ai tempi era un collaboratore che si apprestava ad accettare un lavoro in uno studio senza assistente…😅

Conosco moltissimi collaboratori che oggigiorno, pompati dai social, non considerano possibile insultare la loro competenza (da neolaureati…) senza vedersi riconoscere sempre e comunque un congruo pagamento per la professionalità ed il titolo di studio acquisiti.

Guai a insozzare la loro agenda con una prestazione a costo zero senza prima aver chiarito bene come si risarcirà quel tempo!

Non so se i tempi fossero diversi, se fossimo io e Federico ad essere strani o se fosse la mia condizione particolare di neolaureato che doveva avviare uno studio che non sapeva come gestire, ma ai tempi non mi ero posto alcun dubbio.

Era più che ovvio che per avviare lo studio la visita e molte urgenze dovessero essere gratuite, con il semplice scopo di fare bella figura.

Molti penseranno che non si faccia affatto una bella figura a svendere la propria professionalità, ma io, che ai tempi avevo più la testa di un utente che quella di un titolare di studio, perché ero stato il primo per 25 anni e per pochi giorni il secondo, non la pensavo così.

Per cui non recitavo con mal celata affabilità, mentre mi stropicciavo le mani, il ruolo subdolo di chi sta macchinando una strategia commerciale di accaparramento di pazienti, ma credo risultassi estremamente sincero agli occhi del paziente nel dire che a me dedicargli 30-60 minuti non era costato nulla e che ero più contento di essere ripagato con una buona parola spesa con qualche conoscente perché, davvero, non volevo nulla.

Tutto questo lungo preambolo per dire che da allora, anche se ho sviluppato conoscenze di management che ora mi fanno comprendere come il tempo che dedico alla visita non sia a costo zero (anche se ai tempi con 500 euro di affitto e nessuna assistente, a parte i costi per mettere in piedi la struttura, di costi fissi non ne avevo molti), nel nostro studio la visita continua ad essere gratuita.

Negli anni ho letto e leggo tutt’ora molte discussioni su quale sia la strategia migliore, se la visita gratuita o a pagamento, e con la consapevolezza che ho adesso sull’argomento, ho comunque sempre continuato a non mettere mai in dubbio questo punto fermo. Ovviamente con il benestare di Federico, che l’ha sempre pensata allo stesso modo.

Il perché mi sembra chiaro: semplicemente ha dimostrato di funzionare!

Molti ti diranno che anche loro stanno crescendo con la visita a pagamento e magari, avendo provato entrambe le formule, affermano di avere avuto esplosione di fatturati proprio dopo aver smesso di regalare le prime visite.

In questo caso credo che valga la pena sottolineare che io e Federico siamo ancora convinti che la visita debba essere gratuita e vediamo in questo una strategia fondamentale anche nell’avviare i nuovi studi che stiamo aprendo, che nel 2024 arriveranno già entrambi tranquillamente al milione di fatturato (anche se a questo risultato concorrono molti fattori).

A questo punto credo che si debba decidere se seguire la filosofia di chi ha studi che fatturano nella maggior parte dei casi un quinto o un sesto della nostra Clinica, o come un nostro Dental Point al suo primo anno di attività, oppure cercare di capire meglio tutti i fattori da considerare per adottare la filosofia di chi dimostra coi fatti che la propria ricetta è quella vincente.

Nei prossimi articoli andremo a sviscerare in maniera approfondita l’argomento, per acquisire maggiore consapevolezza di tutti i fattori coinvolti in una scelta che sembra banale, ma che è alla base di tutto il processo di acquisizione dei pazienti, influenzando direttamente molti parametri che possono portare a cambiare protocolli di studio, accettazione dei preventivi e molto altro!

E ricorda che se vuoi scoprire tutto, ma proprio tutto quello che noi mettiamo facciamo quotidianamente per gestire i nostri studi, puoi iscriverti a DA ZERO ALL’IMPERO 2024… ricorda che lo sconto lancio scadrà mercoledì 31 gennaio!!

Stay tuned!

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