IL PIÙ IMPORTANTE SEGRETO PER IL SUCCESSO DEL TUO STUDIO DENTISTICO (SE SEI UNO DI QUELLI CHE SOGNANO DI FARE IL DIPENDENTE PUBBLICO NON LEGGERE CHE TI INCAZZI E BASTA)

Ci sono una marea di persone che parlano di management, provando a farsi pagare per questo, e che non hanno capito un cazzo.

 

Non hanno la più pallida idea di come funzionino le cose e lo dimostrano attivamente.

Come?

Non avendo mai concluso un cazzo nella propria vita professionale e soprattutto non avendo mai dato dimostrazione di saper gestire uno studio dentistico di successo.

Poi ci sono colleghi validi, che dimostrano risultati, ma che la pensano diversamente da noi. Alcuni di questi sono amici con i quali ci piace anche collaborare perché su alcune cose la pensiamo esattamente allo stesso modo… ma non su quello di cui parleremo qui.

Del resto, nessuno di coloro che fanno formazione nell’ambito del management odontoiatrico la pensa come noi su questo aspetto.

Non che io possa affermare che noi abbiamo ragione e gli altri torto, gli unici che hanno torto a priori sono quelli che non mostrano risultati!

Io credo, infatti, che tu Roma possa provare a fotterla passando dal mare come Amilcare o dalle montagne come Annibale, l’importante è che prendi la spada in mano e dimostri di avere le palle in prima fila davanti alle truppe… e che stai sempre attento al fatto che molto probabilmente sarà Roma a fottere te indipendentemente dalla strada che hai scelto.

annibale

Fatta questa premessa, oggi parleremo della nostra strada, che per ora sta dando dei bei risultati sia a noi sia ai nostri studenti che ad essa hanno voluto ispirarsi e, come nostro solito, sfotteremo un po’ le altre.

Il motivo per cui Stefano ed io siamo così spesso criticati per quello che insegniamo ce lo spiega Nassim Taleb:

 

“Per le persone reali, se qualcosa funziona in teoria, ma non in pratica, allora non funziona.

Per gli accademici, se qualcosa funziona nella pratica ma non nella teoria, allora non esiste”.

Molte delle persone che ci criticano hanno una formazione accademica o comunque un modo di ragionare l’economia accademico e non riescono a concepire come le nostre strategie, emerse dalla pratica e teorizzate a posteriori possano funzionare senza essere descritte nei libri che si studiano alla Bocconi.

Nella loro testa l’ovvia conseguenza è una sola, queste strategie non esistono… o meglio… quei due non hanno alcuna strategia, semplicemente improvvisano gli va bene perché… (poi qui le teorie sono le più diverse):

  • Sono dei fenomeni fuori dal comune (o da baraccone, non so)
  • Sono dei bugiardi e si inventano i risultati
  • Fingono di non essere bocconiani per vendere semplicità ma in realtà si attengono all’accademia
  • Hanno il paparino alle spalle che copre le loro cazzate
  • Sono fortunati ma stanno per inciampare
  • Fanno i corsi per coprire le perdite dello studio
  • E via dicendo…

 

In realtà (almeno secondo noi) siamo persone reali che hanno analizzato come andavano le cose nella microeconomia di uno studio dentistico e hanno cercato di trovare delle regole pratiche (che se vogliamo fare i fighi si chiamano euristiche) che consentano di gestire le cose in modo semplice e snello.

E non siamo gli unici, te lo assicuro. La Toyota, ad esempio, basa tutta la sua organizzazione produttiva sul concetto di “produzione snella” (in inglese LEAN PRODUCTION).

 Lean-production-produrre-valore-riducendo-gli-sprechi

Ci sono grandi esempi anche nella storia che mostrano come la pratica sia violentemente superiore alla teoria e come chi lavora sia nettamente più titolato a scoprire ed inventare rispetto a chi studia e specula.

Sai chi è stato a inventare l’aeroplano, o almeno un qualcosa di motorizzato che potesse volare con un uomo sopra?

A cavallo tra il 19esimo e il 20esimo secolo erano in tre a giocarsela di brutto per essere i primi a riuscirci: i due fratelli Wright e Samuel Pierpont Langley (mai sentito vero?!)

I primi non erano neanche diplomati e, dopo aver lavorato nel campo della stampa erano diventati produttori di biciclette (piccoli imprenditori). Il secondo era laureato, astronomo, professore di matematica, direttore dello Smithsonian Institution e pieno fino al collo di finanziamenti governativi.

Chi arrivò per primo all’obiettivo penso che tu lo sappia già… ma sai perché i fratelli Wright vinsero a mani basse?

Grazie al loro metodo sperimentale basato sull’esperienza graduale.

 

Per fartela semplice: senza farsi seghe mentali provavano, sbagliavano, cambiavano qualcosa e riprovavano. Nel frattempo, l’accademico Langley si masturbava il cervello a grandi manate facendo scarabocchi ed equazioni sui fogli, aspettando di avere la soluzione teorica perfetta prima di mettere al lavoro le mani.

Posso portarti un altro grande esempio di questo atteggiamento. Rimaniamo nell’epoca moderna e dimmi quale fu uno dei più grandi condottieri in assoluto.

Ti aiuto. È stato definito:

  • “Il più grande dei grandi”
  • “L’incomparabile maestro dell’arte della guerra”
  • “Al secondo posto dopo Gesù Cristo come la persona più famosa della storia”

Beh, ça va sans dire, stiamo parlando di Napoleone Bonaparte.

Quando qualcuno chiedeva a Napoleone come facesse a pianificare le battaglie per vincere in modo così plateale lui rispondeva “on s’engage et puis… on voit”, ovvero “ci scontriamo e poi… si vede”.

Nel suo modo di vedere, come nel nostro, ogni piano era flessibile ed il vincitore era quello che più efficacemente sapeva adattarsi alle mutevoli condizioni del campo.

Le battaglie napoleoniche consistevano in centinaia di migliaia di uomini in una pianura che dovevano uccidere altri uomini mentre si cagavano addosso e vomitavano per la paura, sporchi del sangue dei loro vicini di schieramento appena spappolati da una palla di cannone. Come pensi che in una situazione del genere una persona sana di mente possa anche solo pensare di pianificare cosa succederà nei prossimi 5 minuti?!

Eppure, gli accademici del management vogliono insegnarci a pianificare addirittura tutto l’anno successivo e, senza se e senza ma, attenersi ai piani perché questo dice la scienza economica che insegnano alla Bocconi!

Questo avviene perché viviamo in un inganno narrativo generato da decine di anni di romanzi, spettacoli, film e serie televisive che ci convincono del fatto che tutto sia prevedibile e pianificabile. Da Sherlock Holmes che indovinava tutti i dettagli degli eventi criminosi, a Lupin III e le sorelle occhi di gatto che sapevano pianificare nei minimi dettagli ciò che sarebbe successo durante i loro furti, fino alla più recente esaltazione dell’ignoranza sul funzionamento dei sistemi complessi dove il Professore della Casa di Carta, con mesi di anticipo, prevede ogni singolo scenario possibile nel futuro ed escogita un piano ad hoc per affrontarlo.

Siamo cresciuti a latte, biscotti e cazzate. E purtroppo anche gli universitari, i politici (vedi Speranza che voleva controllare l’evoluzione pandemica con i suoi ridicoli decreti), gli scienziati e soprattutto gli economisti sono stati imbrogliati da una narrativa che insegna, tra le righe di romanzi e cartoni animati, che gli eventi, nei sistemi complessi, possono essere previsti econtrollati.

Chiunque mastichi un po’ di fisica dei sistemi complessi sa che tutto ciò è impossibile. Chi poi gestisce organizzazioni produttive con successo sa che, oltre ad essere impossibile è anche dannoso, perché ingessa le decisioni in piani predeterminati e non le lascia essere snelle e veloci come dovrebbero. Non permette loro di essere capaci di modificarsi velocemente in base alla situazione.

Non mi fraintendere, non voglio dire che si debba procedere alla cazzo di cane. Se così fosse non avremmo dovuto scrivere due libri, un blog con decine di articoli e costruire un corso di tre giorni sul management.

Sarebbe stato sufficiente scrivere a chiare lettere: GESTITE TUTTO ALLA CAZZO DI CANE.

 

No, il concetto che voglio passarti non è questo perché qualche informazione, mentre guidiamo la dobbiamo tenere sotto controllo. Se paragoniamo l’azienda (o lo studio) ad un’auto, e partiamo con un cartone sopra il parabrezza, andremo a schiantarci dopo pochi metri. Anche il non avere tachimetro e indicatore del carburante darebbe dubbi risultati alla guida…

Ma se ci pensi non sono molte di più le informazioni che ci servono per guidare. Pensa se per assurdo ci fermassimo ogni venti metri per controllare la pressione delle gomme, ogni trenta per controllare il livello dell’olio, la temperatura dell’asfalto, la temperatura del motore, l’umidità dell’aria, lo stato delle pastiglie dei freni, il livello dell’acqua tergicristalli e la pulizia del carburatore; se prima di ogni curva scendessimo a misurarne il raggio per calcolare la forza centrifuga alla nostra velocità di crociera e tirare giù due calcoli su quale sia il miglior rapporto velocità/tenuta di strada.

Un ingegnere che progetta auto potrebbe asserire con convinzione che ognuna di queste informazioni ha la sua utilità, ed è vero (per lui che le deve progettare) … ma a noi per guidarle non frega un cazzo di nessuna di esse. E se ci pensi potrebbero essere centinaia se non migliaia le informazioni che qualcuno potrebbe ritenere utili o necessarie per guidare ma che, in realtà, nessuno sano di mente prende in considerazione.

Sembra ovvio e razionale che chi riesce a giungere a destinazione

  • in tempo
  • senza incidenti
  • utilizzando il minor numero di informazioni possibili

sia, indiscutibilmente, il vincitore in termini di risparmio di concentrazione ed energia…

O forse non è così ovvio?

Torniamo un pochino indietro perché forse ci manca qualche concetto neurofisiologico.

Anche se pensi che pensare sia gratis, purtroppo, non lo è: il nostro cervello quando lavora consuma energia. Occhiolino

E ne consuma anche parecchia. Si chiama AFFATICAMENTO COGNITIVO. Il cervello lavora per creare connessioni e si STANCA esattamene come fosse un muscolo!

Non lo sapevi vero? Credevi che correre 20 chilometri stancasse il tuo organismo mentre ragionare su una marea di cazzate inutili fosse assolutamente GRATIS… ma, purtroppo, non è così.

E c’è una delle attività del cervello che consuma un sacco di gettoni di energia: si chiama FORZA DI VOLONTA’.

Quando il tuo cervello ha esaurito le energie a sua disposizione, si è stancato per bene, ecco che diventa incapace di prendere decisioni con due conseguenze disastrose:

  • Non siamo più capaci di risolvere i problemi reali che ci si presentano davanti
  • Cadiamo vittime delle cattive abitudini perché non abbiamo la forza di volontà per opporci ad esse

Il punto due ha più a che fare con la tua vita personale e se fumi, abusi di alcol o droghe, passi le tue giornate sui social network o davanti alla televisione o non fai un minuto di attività fisica all’anno sono problemi tuoi che a me non interessano…

Il punto uno però, quello mi interessa eccome perché la tua reattività nel risolvere i problemi è l’essenza del management della tua azienda, del tuo essere manager e leader del tuo gruppo.

Sento già la tua obiezione:

“Però più penso più mi alleno a pensare…”

 

Vero, ma è giusto che tu ti alleni a pensare alle cose che ti servono. Pensi che un sollevatore di pesi olimpico vada a correre? O che un maratoneta passi ore in palestra a sollevare ghisa?

No, non lo fanno, perché utilizzerebbero energie preziose, generando stanchezza, per fare coseche non gli servono.

Spero che ora ti possa essere un pochettino più chiaro il motivo per cui sosteniamo a gran voce che l’analisi continua di dati inutili sia, non solo improduttiva, ma anche dannosa perché ci rende incapaci (a causa dell’affaticamento cognitivo) di essere reattivi durante la nostra giornata, la nostra settimana, il nostro mese lavorativo.

Ed è proprio quella reattività che genera risultati economici e clinici fuori dal comune!

Ora forse sei pronto ad accogliere il segreto che ti avevo promesso:

Devi tenere sotto controllo il minor numero possibile di dati relativi al tuo studio (Key Performance Index per i fighetti); tutto ciò che si può eliminare dalle analisi DEVE essere immediatamente eliminato.

I tuoi progetti imprenditoriali devono essere chiari nell’obiettivo (Napoleone aveva ben chiaro l’obiettivo di vincere la battaglia) ma non devi perdere tempo ed energie in una progettazione troppo dettagliata del percorso.

Devi invece partire prima possibile con l’attuazione pratica e settare in corsa il percorso riconoscendo prontamente i tuoi errori. Attuando quello che si chiama metodo per tentativi. Man mano, durante il percorso, scoprirai delle EURISTICHE molto utili nel risolvere i problemi che mai gli accademici occhialuti ti sapranno insegnare.

“Federico ma come faccio a sapere quali sono i Key Performance Index che devo tenere sotto controllo? E quali sono le euristiche che voi avete già scoperto??!!”

Beh, caro mio, questi sono contenuti riservati a quelli che bonificano. 😉

A presto!

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