E’ giusto che io dica la mia su questa cosa.
Volevo farci un video ma sarebbe uscito pieno di parolacce e penso che avrei urlato quindi ho deciso di scrivere così da poter rileggere e, di conseguenza moderare il linguaggio.
Vedo uscire come funghi post su Facebook che parlano di FP1, FP2 ed FP3.
Erano anni che (fortunatamente) non ne sentivo parlare ma ora probabilmente qualcuno è tornato a parlarne in qualche corso o in qualche congresso ed ecco che si scatena la moda.
Un po’ come la puttanata dell’assiografo digitale. Abbandonammo (deo gratia) gli assiografi negli anni 90 del secolo scorso perché non servivano ad una sega… ma oggi che è digitale… e che costa 30.000 euro… beh ora è di moda. Non serve a un cazzo ma la gente ne deve parlare perché fa figo. Se non usi roba inutile di moda sei un coglione…
Ma andiamo per ordine.
Carl Misch descrisse, A CAVALLO TRA GLI ANNI 80 E 90 DEL SECOLO SCORSO, (se scrivo maiuscolo vuol dire che urlo, se è maiuscolo in grassetto sto pure sputando e battendo i piedi), una classificazione delle riabilitazioni su impianti che ti riassumo così:
FP1 casi in cui si riabilita solo bianco e i denti hanno un’estetica congrua e naturale
FP2 casi in cui si riabilita solo bianco ma i denti sono allungati
FP3 casi in cui si riabilita il bianco e il rosa
Una classificazione è un linguaggio e, come ho scritto nel titolo il linguaggio descrive la cultura, la conoscenza di un gruppo di persone. Nella fattispecie la classe odontoiatrica.
Usare oggi, una classificazione vecchia di 35 anni su un argomento che evolve di giorno in giorno è quanto meno singolare.
Spiegami chi cazzo oggi userebbe la classificazione di Kennedy? Nessuno, semplicemente perché serviva a definire quale tipo di scheletrato si doveva fare. Ma oggi nessuno più fa gli scheletrati, e all’implantologo non frega un beneamato se i denti mancano solo da una parte, solo dietro o solo davanti. Dove mancano si avvita. Punto!
Quindi la classificazione, il linguaggio, muore nell’uso comune e diventa curiosità storica.
Quando Misch descrisse le tipologie di protesi full-arch su impianti non si sapeva una minchia del rissorbimento alveolare, né della preservazione di cresta né, tantomeno, della partial extraction therapy.
Quindi l’intraprendente collega tentò di descrivere ciò che la sua razionalità, ignorante in campo pratico (non per colpa sua ovvio ma per colpa del vulnus conoscitivo), gli suggeriva.
Il problema è che poi si scoprì che l’osso alveolare, dopo l’estrazione si riassorbe. Si scoprì poi che si riassorbe nello stesso identico modo se ci mettiamo un impianto dentro e che, anche se in misura molto minore, si riassorbe pure se si attuano procedure di preservazione alveolare con biomateriali.
Relativamente di recente si è poi scoperto che lasciando uno scudo di radice vestibolarmente all’impianto l’osso alveolare non si riassorbe. Ammetto che sono stato molto restio ad utilizzare questa tecnica, ma oggi devo dire che, quando applicabile, la uso con entusiasmo perché è infinitamente più semplice rispetto alle classiche tecniche di preservazione alveolare e di compensazione del riassorbimento.
Fatta questa premessa seguimi nel ragionamento.
1) Se il full-arch viene eseguito su un paziente già edentulo il processo alveolare sarà irrimediabilmente riassorbito e di conseguenza una posizione ottimale delle corone protesiche avrà una discreta discrepanza con la posizione gengivale. Ne consegue che, stando al linguaggio DEL SECOLO SCORSO, potremo fare un FP2 o un FP3. L’FP2 è per definizione “un merdone convergente”. Se vuoi puoi farlo… ma quello è.
2) Se il full-arch viene eseguito su un paziente che mantiene alcuni denti parodontalmente compromessi in modo grave (se no non li toglieremmo, concordi?) l’osso alveolare è già in parte riassorbito a causa della parodontite e quindi ci ritroviamo nel caso precedente.
3) Se il full-arch viene eseguito in un paziente che ha alcuni denti sani residui che vengono estratti per motivi strategici, contestualmente avrà altre zone edentule e queste saranno riassorbite. Quindi lasciare lì le radici ti permetterà di preservare i siti con i denti ma nelle zone già edentule la protesi sarà “merdosamente convergente”. Un bel mischione diciamo.
4) C’è poi l’opzione di sdentare un paziente totalente sano, in questo caso, facendo PET in tutti i siti è teoricamente possibile ottenere un FP1 ma spero che nessuno prenda in considerazione una cosa del genere!!!
5) L’ultima opzione è quella di avere un paziente con TUTTI i denti irrecuperabili dal punto di vista conservativo coronale ma con TUTTE le radici sane.
In questo caso specifico e che personalmente non mi è mai capitato (su migliaia di full-arch) sarebbe teoricamente possibile, con un lavoro titanico, ottenere una FP1 mantenendo le socket shied di tutte le radici. Ma se non è mai capitato a me dubito che capiti a chi fa 2/3 casi al mese. Poi, per carità, tutto è possibile.
Ecco perché, SECONDO LA MIA UMILISSIMA OPINIONE, non esiste nessuna FP1 del cazzo….
E visto che l’FP2 è un compromesso estetico importante che nessuno dei miei pazienti accetterebbe di buon grado, per me esiste solo l’FP3.
Da questo deriva che una classificazione per una singola opzione, l’unica moderna e applicabile, non ha alcun senso.
Ognuno, ovviamente faccia ciò che vuole, ma ora sai perché non mi sentirai mai parlare di Misch, FP1, etc…
A presto!
P.s. un piccolo video l’ho fatto lo stesso…
Ottima spiegazione (cazzo😁)
Sono perfettamente d’accordo (cazzo)
Si e come spieghi allora i lavori del prof Alessandro pozzi? Full arch su impianti senza gengiva finta
Come ho scritto nell’articolo: sono tutti lavori con emergenza gengivale innaturale. Per quanto ben eseguiti dal punto di vista tecnico nella componente bianca, emergono da una gengiva che è sempre più o meno carente. Puoi verificare tu stesso i casi sul profilo Instagram del collega che citi (o sulle sue pubblicazioni scientifiche), nessun caso pubblicato ha papille di corretta dimensione che si vedano nel massimo sorriso. Mentre lui, il collega di cui parli, nelle sue foto, quando sorride, espone papille perfettamente dimensionate e naturali.
Ciò che viene chiamato FP1 è sempre un compromesso estetico nella transizion tra bianco e rosa.
Come del resto lo erano gli intarsi in oro. Terapie bellissime agli occhi del dentista ma tutt’altro che naturali alla vista del paziente, tanto che oggi nessuno le accetterebbe.
I ponti su impianti tutti bianchi sono riabilitazioni di compromesso estetico che andavano bene nel secolo scorso. Oggi la maggior parte dei pazienti attenti all estetica non le accetta più. Un saluto