SEI SICURO DI FARE UNA PUBBLICITA’ SANITARIA A NORMA DI LEGGE? PARTE I

Come forse saprai, se ci segui sui social, io e Federico non andiamo troppo d’accordo con la pubblicità sanitaria.

O meglio, non andiamo d’accordo con chi si trova nella posizione di giudicarla.

Già, perché a noi la pubblicità piace un sacco e siamo convintissimi che la possibilità di farci conoscere e di presentare il nostro studio e le caratteristiche del servizio che offriamo sia stato uno degli elementi chiave del nostro successo.

In passato il dentista non aveva possibilità di differenziarsi dai colleghi per cui, agli occhi del paziente, uno studio valeva l’altro e non c’era motivazione diversa dal malcontento o da un passaparola particolarmente positivo da parte di amici o parenti per spingere una persona a cambiare dentista.

Dopo il 2006, invece, anno della promulgazione della legge Bersani, tutto è cambiato.

 

Pian pianino i dentisti hanno imparato a sfruttare la possibilità di pubblicizzare il proprio studio e la diffusione di Internet e dei social network, piattaforme molto frequentate da tutte le persone che, come me, passano la giornata col cellulare in mano, ha dato una spinta esponenziale alle possibilità di promozione dei propri servizi.

Ora, come per ogni attività commerciale (e l’odontoiatria, che ti piaccia o no, lo è a tutti gli effetti da quando i dentisti si fanno pagare) le persone possono informarsi preventivamente, leggendo recensioni e visionando gli ambienti e i servizi che uno studio dentistico offre, e decidere di prenotare una visita andando quasi a colpo sicuro.

Se pensiamo al fatto che molti dentisti fanno pagare la visita, le persone dispongono di un mezzo per poter evitare di buttare soldi facendo il giro di tutti i dentisti della città prima di trovare quello che ispira loro più fiducia.

Se per un attimo anche chi fa il moralista sulla mancanza di decoro della pubblicità nelle professioni sanitarie si liberasse di quelle vesti per indossare quelle della persona sincera ed oggettiva, potremmo riconoscere serenamente che tutti noi ci serviamo di Internet e delle più svariate App per consultare recensioni e siti relativi al prodotto o servizio che ci interessa.

Lo facciamo per tutto.

 

Per scegliere un ristorante, una assicurazione, un vino, per decidere che film andare a vedere, per selezionare una compagnia aerea, per confrontare i prodotti e le offerte alla ricerca di ciò che fa per noi.

E tutto questo è stato un enorme progresso rispetto al passato, avendo evitato a tutti noi di perdere tempo e di sbagliare ripetutamente le scelte.

C’è qualcuno che pensa forse che questa sia una cosa negativa?

Credo proprio di no.

Certo, come tutte le cose, non ci sono solo aspetti positivi.

Le false recensioni fatte per ingannare il cliente, i siti con offerte truffa, le informazioni ingannevoli a volte portano le persone a incappare nella più proverbiale delle sole.

É normale.

L’essere umano troverà sempre il modo di macchiare con le sue condotte meschine ogni cosa che c’è sulla faccia della Terra.

 

Forse è proprio per il sospetto che la natura umana sia incline alle condotte deplorevoli che qualcuno pensa che l’etica medica non possa sposarsi con i mezzi di promozione, che normalmente vengono considerati finalizzati al solo ottenimento del vil denaro.

Se ci mettessimo a trattare questa diatriba, però, temo che finiremmo per scrivere un libro, per cui cerchiamo di venire a ciò che ci interessa.

Che piaccia o no, ad oggi è possibile fare pubblicità sanitaria.

E, sempre che piaccia o no, siccome a qualcuno questa possibilità sancita dalla Legge non è mai andata a genio ed in genere è proprio questo qualcuno che ci giudica presiedendo le commissioni albo odontoiatri, devi cercare di capire come promuoverti (perché devi farlo se vuoi sopravvivere nel mercato odontoiatrico) senza incappare nelle sanzioni che io mi sono buscato per due volte in qualità di direttore sanitario dello studio mio e di Federico.

Siccome sopravviviamo limitando i danni nella città con una delle CAO forse più agguerrite nei confronti delle pubblicità (le linee guida di Cuneo atte a chiarire la nuova “legge Boldi” sono state probabilmente le prime in Italia ed è la nostra CAO ad aver riesumato un cavillo della legge del 1992 che nessuno considerava ancora valido prima che lo contestassero a noi), credo che nessuno meglio di noi possa indirizzarti a una forma il più possibile cautelativa di pubblicità sanitaria.

In questo primo articolo dei tre che scriverò sull’argomento cominciamo ad affrontare un elemento fondamentale che spesso viene dimenticato nelle comunicazioni pubblicitarie odontoiatriche ma che costituisce un elemento a forte rischio di sanzioni pesanti se viene omesso.

Qualunque comunicazione tu faccia devi scrivere, anche in piccolo, che si tratta di una informazione pubblicitaria, ai sensi della legge 248 del 2006 e della legge 145 del 2018 e, se il tuo studio ha un direttore sanitario, devi indicarlo, riportando anche il numero di iscrizione e l’albo di appartenenza.

 

Occhio perché la mancata indicazione del direttore sanitario in una clinica di Sarzana iscritta all’Ordine di La Spezia ha portato alla sospensione dell’autorizzazione sanitaria da parte del Comune su segnalazione della CAO ( http://www.odontoiatria33.it/approfondimenti/16809/sospesa-autorizzazione-di-un-altro-centro-dentalpro.html ).

Per cui non viene sospeso il direttore sanitario colpevole di aver omesso il dato, ma viene proprio sospesa l’autorizzazione sanitaria della struttura!

Questo significa che non sarà sufficiente cambiare direttore sanitario per continuare a tenere aperta la struttura. E nemmeno cambiare la società che dirige il centro, mossa tentata e respinta in questa triste e iniqua vicenda, che ci vede molto vicino alla struttura colpita da questa sentenza.

E la sospensione prevista va da 6 mesi a un anno!

 

I riferimenti che obbligano a riportare il nome del direttore sanitario sono gli articoli 4 e 5 della legge 175 del 1992.

Art. 4.1. La pubblicità concernente le case di cura private e i gabinetti e ambulatori mono o polispecialistici soggetti alle autorizzazioni di legge e’ consentita mediante targhe o insegne apposte sull’edificio in cui si svolge l’attività professionale (omissis…)

Art. 4.2. E’ in ogni caso obbligatoria l’indicazione del nome, cognome e titoli professionali del medico responsabile della direzione sanitaria.

Art. 5.5. Qualora l’annuncio pubblicitario contenga indicazioni false sulle attività o prestazioni che la struttura e’ abilitata a svolgere o non contenga l’indicazione del direttore sanitario, l’autorizzazione amministrativa all’esercizio dell’attività sanitaria e sospesa per un periodo da sei mesi ad un anno.

Per quanto molti fossero certi, a buona ragione, che questa vecchia legge risultasse abrogata dalla legge Bersani del 2006, pare che alcuni Ordini la ritengano ancora in parte valida.

E pare che alcune sentenze abbiano confermato questa interpretazione, come puoi leggere, ad esempio in questo articolo del blog Odontoiatria33: http://www.odontoiatria33.it/normative/18696/pubblicita-sanitaria-anche-il-tar-conferma-l-obbligo-di-indicare-il-nome-del-direttore-sanitario.html

Dall’attuale quadro legislativo non risulta ancora definitivamente chiaro quali parti della legge 175 del 1992 siano ancora da considerarsi in vigore.

A seconda della città in cui operi potresti avere a che fare con delle CAO che hanno interpretazioni diverse rispetto ad altre e che quindi sanzioneranno pesantemente la mancata indicazione del direttore sanitario nelle comunicazioni pubblicitarie.

Altro dubbio che non si può ancora sviscerare in maniera definitiva ma solo con una interpretazione cautelativa, riguarda i social network.

C’è stata infatti molta attesa da parte di parecchi colleghi avversi al decreto Bersani per una legge che rivedesse le norme in materia di pubblicità sanitaria, e quando finalmente è arrivato l’emendamento Boldi nella finanziaria del 2019, si sono completamente dimenticati che dal 2006 forse il mondo delle pubblicità è cambiato.

Si è pertanto ritenuto importante aggiungere due aggettivi, sancendo che le pubblicità non debbano avere carattere promozionale o suggestivo, senza spiegare cosa si intendesse, mentre ci si è scordati che oggi si fanno anche i post su Facebook e su Instagram.

Un post in cui ci fotografiamo durante una riunione, una cena di lavoro, un congresso, una scena di vita quotidiana in studio, sono informazioni pubblicitarie?

 

In teoria non abbiamo altro scopo sui social di farci conoscere, per cui sembra ovvio che ogni foto, in fondo in fondo, miri ad aumentare la visibilità.

E quindi dovremmo accompagnare ogni foto dalle diciture di cui sopra?

Beh, io e Federico abbiamo scelto per quanto possibile di farlo.

Abbiamo indicato il direttore sanitario nelle informazioni delle pagine e, quando non risulti davvero ridicolo, indichiamo il direttore sanitario anche sotto le frasi che accompagnano l’allestimento di un decoro della reception.

Fa un po’ ridere, lo so.

E infatti alcuni colleghi ci prendono bonariamente per il culo sotto i nostri post per questo.

Ma si tratta di una misura cautelare che ci sentiamo di consigliarti di questi tempi, pur non avendo alcun riferimento per dirti che siamo nel giusto.

Per questo articolo ci fermiamo qui.

Ricorda quindi, prima indicazione fondamentale:

esplicita sempre che il tuo messaggio è un’informazione pubblicitaria se questo non è scontato e indica sempre il nome del direttore sanitario e il numero e la provincia di iscrizione all’albo.

 

Nel nostro corso live “Da zero all’impero” dedichiamo molto tempo a parlare di pubblicità affrontando molti esempi pratici che in un articolo di blog risulterebbe troppo complicato affrontare.

Non perdere la promozione che terminerà il 15 Gennaio 2020 per bloccare un prezzo particolarmente vantaggioso ed essere dei nostri a settembre. Ne vedremo delle belle!

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